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Il decreto del marzo ‘98 "mobilità sostenibile nelle aree urbane" introduce una nuova figura - il Mobility Manger – obbliga e finanzia i 14 comuni delle aree metropolitane, ma anche le città individuate con delibera regionale come area a rischio di inquinamento atmosferico, oltre alle aziende e agli enti con più di trecento dipendenti a dotarsi di un piano degli spostamenti casa/lavoro dei propri lavoratori.
Tale provvedimento, che riprende le norme fissate dalla UE a partire dalla Direttiva 96/62, pone l’attenzione sulla necessità di ridurre il numero delle auto circolanti e promuove, fra le azioni possibili, l’introduzione di nuove forme di gestione della mobilità.
Il Mobility Management è, appunto, un approccio alla soluzione dei problemi della mobilità che si concentra sulla gestione della domanda salvaguardando:
* il diritto dei cittadini all’accessibilità ai servizi offerti dalla città,
* lo sviluppo del sistema economico produttivo.
Si stanno delineando due nuove professioni:
* il Mobility Manager d’area, che lavora all’interno delle amministrazioni, cura il piano degli spostamenti dei dipendenti comunali e coordina i piani di imprese ed enti promuovendo la realizzazione di infrastrutture e servizi per favorire i modi di trasporto diversi dall’auto, l’uso non individuale dell’auto, l’uso di veicoli a emissioni zero. L’obiettivo è quello di relizzare un sistema di trasporto urbano e metropolitano integrato ed intermodale, tale da ridurre la dipendenza dall’uso dell’auto per la mobilità dei cittadini
* il Mobility Manager d’azienda che progetta il piano particolare della singola struttura lavorativa, che si trova sul territorio comunale.
All’estero molto del lavoro di queste nuove figure professionali si è concentrato nel promuovere l’uso della bicicletta, anche allestendo nuove piste ciclabili, aree attrezzate per la sosta, sistemi di noleggio, parrcheggi scambiatori auto+bici, mezzo pubblico+bici, ecc., attraverso una vera e propria attività di marketing, influendo così effettivamente sulle abitudini di spostamento nel raggiungere il lavoro nei grandi centri industriali.
Nella penisola
Più in particolare in Italia si stanno muovendo ora i primi passi a seguito del decreto anche se il problema logistico - ambientale era già presente da un po’ di tempo nelle amministrazioni.
L’ENEA ha organizzato i primi corsi per i mobility manager d’area.
A Firenze sono stati organizzati i corsi per i mobility manager d’area, sono stati distribuiti a tuttil questionario per la raccolta delle informazioni necessarie ed è stata approntato un software per l’imputazione dei dati.
L’esperienza degli altri paesi
Parlando di bicicletta non si può non cominciare menzionando l’Olanda, che insieme al potenziamento dei trasporti pubblici e del car sharing, ancor più rivaluta la sua tradizione di Paese a due ruote con sconti sull’acquisto di nuovi mezzi e con concrete compensazioni economiche per i lavoratori che ne fanno uso quotidianamente.
Il primo progetto di Mobility è stato studiato e organizzato nella regione Arnhem e Nijmegen coinvolgendo 600 tra imprese e istituzioni che avessero più di 50 dipendenti.
Interessante fu l’esempio dell’ospedale Rijnstate che adottò misure particolarmente drastiche, infatti dopo aver facilitato i propri dipendenti verso l’uso di mezzi alternativi all’auto, a quelli che resistevano fino all’ultimo imponeva di pagare 27 dollari americani al mese per il parcheggio.
Infine grossi provvedimenti sono stati presi a Gelredome dove lo stadio raduna durante le partite 26000 persone.
Forte impulso in questo senso è stato dato dal Belgio che per tutto il decennio ha fatto un forte lavoro di promozione per darsi "un’immagine più verde" lavorando sui prodotti, sugli incentivi e sulla comunicazione. Nelle zone industriali dove abitualmente si è fatto uso dell’auto si è cercato di influenzare il costume promuovendo anche i trasporti pubblici ma in particolare la bici come "mezzo verde" per eccellenza.
Progetto pilota fu attuato con l’azienda Sabena, seguito dall’aeroporto nazionale di Bruxelles. Aiende da 14000 dipendenti come la Ford come pure Volkswagen, Royale Belge ed altre ancora.
Si è lavorato con una tecnica attrattiva nei confronti del lavoratore inviandogli newsletters, organizzando meetings, informandolo e informandosi sui problemi che incontrava. Si è constato così che percepiva le strade come insicure e si è subito provveduto a una rete di piste ciclabili, inoltre a parcheggi, docce, armadietti…. E non ci si è limitati all’introduzione di nuove abitudini, ma si è continuato a verificarne l’accettazione anche nel trascorrere del tempo.
In Svizzera poi l’individualità nella scelta del mezzo, specialmente nel recarsi nei grandi centri industriali, è fortissima.
Il Paese segue solo Germania e Italia per numero di auto, le quali per di più sono in crescita.
Con una programmazione molto elvetica si è passati a: pianificazione, analisi, gestione, implementazione e controllo del problema. E anche qui sono apparsi i mobility managers e con loro, non solo ma anche, le biciclette.
Il progetto pilota fu quello dell’azienda Fritz Studer di Thurn con 600 dipendenti di cui 300 usavano l’auto privata. In seguito un grosso impegno fu il progetto per la Novartis di Basilea con 90000 dipendenti nel mondo di cui 18000 nella sede centrale, come anche quello per la Pro Velo Ciba.
Sono state estese le piste esistenti e allacciati i poli industriali non serviti, costruiti parcheggi coperti presso i luoghi di lavoro, tracciate corsie all’interno degli stabilimenti stessi, disposti dei parchi di biciclette aziendali per l’uso durante l’orario di lavoro….
Oltre all’intervento strutturale c’è stata poi una forte spinta sul piano del marketing: così si è organizzato ogni anno "la settimana della bicicletta" e la possibilità di partecipare a una lotteria interna; chi rinunciava al parcheggio in azienda aveva una bicicletta nuova, come pure un astuccio per le riparazioni, dei buoni per acquisto accessori, un’officina dove far controllare il mezzo, docce, spogliatoi, carte cantonali delle piste, informazioni su giornali aziendali o locali. Non si è tralasciato niente per far fronte all’emergenza inquinamento.
Anche l’Austria ha conosciuto e affrontato l’argomento. In questo Paese negli ultimi tre decenni le automobili sono enormemente aumentate e le aziende sono intervenute anche intravedendo di esercitare un influenza positiva sulla propria immagine risolvendo o contribuendo a risolvere il problema dell’inquinamento. Aziende come AVL List in Gratz , Suchhard Schokolade GMbh, Wolford AG Olz GMbh & Co hanno perciò cominciato a proporre ai propri lavoratori tutti i mezzi alternativi all’auto privata ma in particolare i mezzi non motorizzati per esempio illustrando le conseguenze sullo stress che l’uso dell’auto comporta oppure quanto le biciclette influiscano in termini di risparmio su uno stipendio. Si è attuata una politica di "push and pull": regole per demotivare i guidatori, incentivi per chi adotta soluzioni alternative; con un sistema di informazione costante si voluto far percepire il mezzo non motorizzato come "amico" dell’ambiente e oltre alle agevolazioni strutturali si sono organizzate delle lotterie con premi in denaro, offerte delle colazioni per chi arrivava al lavoro in bicicletta e una vera e propria vita sociale per i lavoratori ciclisti e per le loro famiglie, con un’attenzione particolare ai bambini.
Infine la Germania, altro paese dove l’uso dell’auto è smodato e dove i mobility managers sono comparsi. Interrogando le persone si è visto che solo l’8% faceva uso di bici e motocicli e il Ministero del Trasporto è passato ad un incoraggiamento sistematico: piste, parcheggi…. Ma soprattutto un tentativo di cambiare la mentalità, nel fare il quale si è constato poi che solo un piccolo gruppo era adamantino, mentre i più, informati e fatti oggetto di iniziative attraenti, hanno cominciato, seppur lentamente, a cambiare abitudini.
Arch. Cristina Sozzi
Mobility Manager Comune di Firenze
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